La confisca quale elemento fondamentale e negoziabile dell’accordo presupposto all’applicazione della sanzione su richiesta delle parti nel procedimento contro l’ente incolpato per uno dei reati previsti dal D.lgs. 231 del 2001.

Credits: Avv. Giuseppe Taddeo


Abstract: La Suprema Corte, nelle pronunce n.30601 del 2024 e 30604 del 2024 emesse dalla VI sezione penale, ha offerto un quadro ricostruttivo in materia di confisca 231, di profitto di reato nonché dei rapporti tra “confisca diretta” e “confisca per equivalente” e della negoziabilità di questi due concetti nella richiesta di applicazione della sanzione su richiesta delle parti.   Nella prima delle due pronunce esaminate, la Suprema Corte si è confrontata con l’individuazione del concetto di profitto di reato per i reati di malversazione ed indebita percezione di erogazioni pubbliche, valorizzando i casi di applicazione della confisca diretta o per equivalente nei confronti dell’ente incolpato, tratteggiando il quadro nel quale si muove la seconda delle sentenze esaminate relativa all’applicazione della sanzione su richiesta previsto dall’art. 63 del d.lgs. 231 del 2001. I Giudici della Cassazione hanno così tracciato il perimetro dell’istituto ponendo in risalto la possibile negoziabilità, rimessa alle parti, della confisca ex art. 19 del medesimo testo normativo in caso di applicazione della sanzione ai sensi dell’art. 63 citato.  

L’applicazione della sanzione su richiesta. Il Presupposto che muove la sentenza n.30604 del 2024.

La sentenza n.30604 del 2024 trae le mosse dal caso di un ente che, per mezzo del suo legale rappresentante aveva ottenuto un finanziamento, accedendo al fondo di garanzie per le PMI, finalizzato a garantire liquidità al tessuto imprenditoriale così come previsto dalla normativa emergenziale del 2020. L’importo ricevuto, circa 30.000,00 euro, veniva utilizzato dall’amministratore per l’acquisto di un immobile.

Il Tribunale perugino, a fronte di una incolpazione della società per violazione dell’art. 24 del d.lgs. 231 del 2001, susseguente alla contestazione del reato di “Indebita percezione di erogazioni pubbliche (ex art. 316 ter c.p.)”, recepiva, ai sensi dell’art. 63 del decreto, l’accordo sulla pena e contestualmente irrogava la sanzione della confisca del profitto del reato ai sensi dell’art. 19 del decreto, identificato in 30.000,00 euro- vale a dire l’intera somma che la società aveva ottenuto quale finanziamento.

Avverso la sentenza, la società incolpata formulava due distinti motivi di impugnazione che possono essere sintetizzati nell’errore della quantificazione del profitto dell’illecito (omettendo di considerare che l’importo costituisse un debito per il beneficiario) e nella realizzazione, di fatto, di una duplicazione del pagamento al quale la società sarebbe sottoposta. Posto che la società da un lato sarebbe privata in toto dell’importo ricevuto quale finanziamento e dall’altro permarrebbe in capo a quest’ultima l’obbligo di restituzione nei confronti dell’istituto erogante la misura sussidiaria. La Suprema Corte parte dal presupposto che l’accordo raggiunto tra le parti avesse ad oggetto la sola sanzione pecuniaria e che la valutazione relativamente all’an ed al quantum della confisca del profitto di reato fosse stata demandata in toto al giudice procedente, per valutare se quest’ultimo istituto possa esser rimesso al sindacato delle parti che raggiungano un accordo sulla sanzione.  

La delimitazione del concetto di profitto di reato e l’applicazione della confisca diretta o per equivalente. La Sentenza n. 30601 del 2024

Per proseguire nell’analisi richiesta al fine di comprendere gli approdi a cui giungono gli Ermellini con la sentenza n.30604, è opportuno confrontarsi con quanto emerge dalla lettura della coeva sentenza emessa dalla medesima sezione della Suprema Corte n. 30601 del 2024 e depositata in pari data rispetto alla sentenza n.30604 del 2024.

La lettura in combinato disposto delle due sentenze emesse dalla VI sezione della Suprema Corte, fornisce una sicura ricostruzione in materia di “confisca 231” e di profitto di reato nonché dei rapporti tra “confisca diretta” e “confisca per equivalente” e della negoziabilità di questi due concetti nella richiesta di applicazione della sanzione su richiesta delle parti.

I Giudici della Cassazione hanno, infatti, avuto modo di valorizzare il concetto di “profitto” e di confrontarsi con i concetti di “confisca diretta” e “per equivalente” nei rapporti tra il legale rappresentante indagato e la società incolpata di un reato presupposto alla responsabilità prevista dal d.lgs. n.231 del 2001.

Nella sentenza n.30601, dunque, gli Ermellini tornano ad occuparsi di principi consolidati in materia di confisca diretta e per equivalente del profitto del reato.

La nozione di profitto di reato viene, nella ricostruzione del Supremo Consesso, agganciata a qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato, consistente anche in un risparmio di spesa (come accade in casi di omesso pagamento di tributi). Tuttavia, in caso di indebita percezione di somme di danaro pubbliche o di indebito utilizzo per finalità diverse da quelle per le quali il finanziamento pubblico è stato erogato, il vantaggio patrimoniale non è dato dal risparmio di spesa ma dall’incremento patrimoniale dovuto alla diretta erogazione della somma di danaro.

Nella ricostruzione fornita dai Giudici, se il profitto di reato è costituito dall’utilizzo di una provvista in danaro che comporti l’incremento patrimoniale a vantaggio dell’ente, allora tali somme di danaro possono esser confiscate in forma diretta (all’ ente quale beneficiario del profitto confiscabile ai sensi dell’art. 322 ter c.p. nonché ai sensi dell’art. 19 del d.lgs.231 del 2001) all’ente che abbia beneficiato del quantum in conseguenza di reato dell’amministratore, ove venga reperita nella disponibilità dell’ente una somma di denaro di importo corrispondente all’importo del finanziamento ricevuto.

In subordine, ed ai soli sensi dell’art. 19 del decreto 231, potrebbe esser disposta la confisca per equivalente nei confronti dell’ente, posto che il profitto confiscabile è derivante da un reato presupposto alla responsabilità dell’ente.

Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, nella ricostruzione dei Giudici, avrebbe potuto esser emesso anche nei confronti dell’amministratore della società ma solo subordinatamente al mancato rinvenimento del denaro nelle casse della società beneficiaria.

In definitiva, la sentenza in commento fornisce una definizione di profitto del reato nei reati di indebita percezione o di malversazione di erogazioni pubbliche da intendersi come incremento patrimoniale dovuto alla diretta erogazione della somma di danaro e, inoltre, chiarisce che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato possa esser disposto, in via prioritaria nei confronti della società ove fossero reperite somme di denaro di importo corrispondente alle somme erogate. Nel caso di mancato rinvenimento di tali somme può esser comunque irrogata la confisca per equivalente ai sensi dell’art. 19 del D.lgs. n.231 del 2001 trattandosi di reati presupposto.

La sentenza ora esaminata traccia il quadro nel quale si muove la sentenza n. 30604 del 2024.

La negoziabilità della confisca del profitto di reato in caso di “patteggiamento dell’ente”. La sentenza 30604 del 2024

Gli Ermellini, al fine valutare le doglianze espresse dalla difesa relativamente al potere del giudice di quantificazione del profitto confiscato ed alla corretta determinazione di quest’ultimo come chiarito supra, si soffermano nella valutazione dell’istituto dell’applicazione della pena nel corso del procedimento a carico degli enti e sulla questione assorbente della natura della confisca nel procedimento 231.

I Giudici aprono le loro valutazioni con una analisi sulla natura della confisca 231, individuandola quale sanzione principale obbligatoria ed autonoma, totalmente differente rispetto a quella inserita nel contesto del codice penale.

Individuata la natura di sanzione principale, la Suprema Corte si domanda se la confisca, attesa la sua natura, possa essere inclusa nell’accordo tra le parti in caso di “patteggiamento dell’ente”.

Secondo una prima tesi più restrittiva, la confisca non potrebbe in alcun caso trovare applicazione in caso di patteggiamento dell’ente. Tale tesi si fonda sul presupposto che l’art. 63 del d.lgs. 231 non indichi quale oggetto dell’accordo le sole sanzioni pecuniari e che l’art. 19 consentirebbe la confisca solo in caso di sentenza di condanna, per sua natura diversa da quella di applicazione della pena.

Una seconda tesi valorizza l’obbligatorietà della confisca nella sentenza di condanna e dell’equiparazione della sentenza di patteggiamento a quest’ultima, sostenendo che- tuttavia- la determinazione dell’importo da confiscare rimanga in capo al giudice trattandosi di una componente non negoziale.

La terza strada, invece si basa sulla natura di sanzione principale della confisca comportandone la necessaria inclusione di quest’ultima nell’accordo tra le parti, potendo il giudice rigettare in toto l’accordo qualora non ritenga congruo il trattamento sanzionatorio.

Pur registrandosi un solo precedente, nel quale la Cassazione si è espressa statuendo che la confisca debba sempre esser applicata dal giudice in caso di patteggiamento dell’ente essendo non rilevante l’inclusione di quest’ultima nell’accordo, gli Ermellini fanno leva sull’espressa qualificazione normativa della confisca per sancire che l’accordo tra le parti debba esser raggiunto anche su quest’ultima.

È necessario, nell’idea della Cassazione, che l’accordo, per essere ammissibile, riguardi tutte le tipologie di pena irrogabili all’ente. Non è possibile, pertanto, concordare l’esclusione della confisca (salva l’assenza del profitto) dal prospetto di patteggiamento da proporre al Giudice che potrà rigettare l’accordo qualora non convenga sull’identificazione dell’an e del quantum effettuata dalle parti.

Il ragionamento trova conferma nella lettura dell’art. 63 del d.lgs. 231 che richiama in maniera omnicomprensiva la necessità di raggiungere un accordo relativo a tutto lo spettro di sanzioni irrogabili in astratto.

Il fatto che la confisca non sia inclusa nell’ambito della riduzione premiale dipende dalla natura di quest’ultima e dalle differenze sostanziali che intervengono con le sanzioni patrimoniali. La confisca, dunque, va parametrata, non rispetto a possibili scelte processuali, ma all’entità del prezzo o del profitto derivante da reato. Essa non presenta aspetti di discrezionalità essendo necessario, in ogni caso, un ragionamento valutativo su una molteplicità di elementi al fine di stabilire l’esistenza di un profitto (secondo quanto individuato nella sentenza 30601 del 2024) e, successivamente, l’entità di quest’ultimo,

In altre parole, l’obbligatorietà dell’applicazione della confisca non inficia sulla necessità per le parti individuarne in concreto (e cioè in ragione del profitto attuale al netto di potenziali restituzioni accettate dalla persona offesa) la determinazione dell’an e del quantum, essendo questa una sanzione principale, sottoposta in ogni caso alla valutazione e al sindacato di congruità del Giudice.

Conclusioni

Le due sentenze esaminate, che per le tematiche e gli insegnamenti ivi contenuti possono esser definite gemelle, forniscono una chiave di lettura innovativa per la gestione degli aspetti difensivi in caso di commissione di reati presupposto nei confronti della P.A.

L’insegnamento della sentenza n.30601 può essere uno strumento utile al difensore al fine di poter individuare il profitto di reato eventualmente maturato in favore dell’ente, oltre a fornire un sicuro ausilio in tema di rapporti tra confisca irrogata all’ente e confisca irrogata all’Amministratore, mentre – secondo quanto statuito dalla sentenza n.30604- il profitto potrà essere elemento di discussione, sia nell’an che nel quantum, con il Pubblico Ministero eventualmente procedente ai fini del raggiungimento di un accordo completo che tenga conto di tutto lo spettro delle sanzioni irrogabili all’ente, nell’ottica di un accrescimento delle garanzie nel processo per responsabilità “ex 231. 


 Credits: Avv. Giuseppe Taddeo